Il sambuco è un albero, ma più spesso arbusto, alto fino a 10 m, con chioma espansa, densa e non proprio uniforme; il tronco è eretto e molto ramificato fin dal basso, sinuoso e spesso biforcato; i rami sono opposti ad andamento arcuato e ricadente.
Il tronco è abbastanza contorto, nodoso e irregolare, la corteccia è grigio brunastra, rugosa e profondamente fessurata; quella dei rami è grigio chiaro liscia e cosparsa di lenticelle longitudinali scure.
Caratteristica dei rami e del tronco è il midollo centrale bianco, soffice ed elastico, costituito da cellule sferiche dalla sottile parete di cellulosa. Le radici dotate di attività pollonante molte intensa, decorrono in superficie.

Le foglie sono picciolate, opposte, decidue lunghe 20- 30 cm, con stipole ovate o tondeggianti (1 cm), acute all’apice. La lamina è imparipennata, composta da 5÷7 segmenti ovati ad apice acuminato e margine dentato con nervature secondarie evidenti, sono di colore di colore verde-brillante. Emanano, se stropicciate, un odore sgradevole.
I piccoli fiori sono riuniti in infiorescenze peduncolate, ombrelliformi che possono raggiungere il diametro di 20 cm, prima eretti, poi reclinati; hanno calice corto e campanulato;corolla arrotondata composta da 5 petali color bianco avorio, talvolta rossastri, ovali; i fiori laterali sono sessili, i terminali peduncolati. Gli stami intercalati ai petali, sono 5 con antere sporgenti gialle; gineceo con ovario  a logge uniovulate portanti uno stimma sessile diviso in 3÷5 lobi. Sono molto profumati.
frutti sono piccole drupe globose, prima verdi poi viola-nerastre, lucide e succose a maturità, contengono contengono dai 2 ai 5 semi ovali e bruni, raggruppate in infruttescenze pendule, su peduncoli rossastri.

Si trova abbastanza comunemente nelle radure, al margine dei boschi umidi,scarpate, lungo i muri e sulle macerie. Occupa rapidamente ed aggressivamente tutti gli spazi lasciati liberi nelle schiarite, nelle radure, al margine dei boschi, inserendosi come “infestante” negli ambienti più antropizzati ed urbanizzati. Preferisce suoli freschi e ricchi di nutrienti e di materia organica decomposta. Dal piano sino a 1.400 m s.l.m. in tutta la penisola.

Il nome del genere pare derivi dal greco” Sambike”, strumento musicale che si fabbricava coi rami del sambuco svuotati del midollo, oppure dal latino “sambuca”, che è dal greco “sambuk?”, a sua volta di origine orientale, nome in origine proprio di uno strumento musicale a corde, che indicò in seguito degli strumenti a fiato; il nome specifico dal latino “niger” = nero, fa riferimento al colore delle drupe.

Usata dalla notte dei tempi dai nostri vecchi è una pianta emolliente, sudorifera, diaforetica, lassativa, diuretica, impiegata nelle malattie da raffreddamento, nelle cistiti e nelle nevralgie.
Se ne conoscono praticamente da sempre, le proprietà medicinali, anzi nella medicina tradizionale era considerato una vera panacea.
I frutti maturi sono depurativi e lassativi, contengono vitamina A e C; il succo è da sempre impiegato nella cura delle nevralgie e dei crampi allo stomaco.
Le mucillagini hanno una azione emolliente ed i flavonoidi una azione disinfiammante e diuretica.
La corteccia, per uso esterno, può essere impiegata per i reumatismi e nelle infiammazioni della vescica, nella ritenzione di liquidi in genere.
Un pizzico di foglie secche polverizzate può servire a fermare il sangue dal naso.
Per uso interno i fiori possono esser usati per combattere la bronchite, la febbre, la costipazione. Per uso esterno i fiori hanno attività astringente e lenitiva sulla pelle, possono essere impiegati sui fruncoli, sulle scottature e in caso di emorroidi.
Con i principi estratti da questi fiori, si producono lozioni astringenti, decongestionanti ed emollienti, utili a normalizzare la secrezione sebacea, bagnoschiuma, emulsioni e maschere per pelli impure e grasse.
Il succo ricavato dai frutti può essere impiegato per tingere le fibre naturali, nelle varie tonalità del viola, un tempo era impiegato come sostanza colorante per il cuoio e fino a qualche decennio fa, si utilizzava per ricavarne inchiostro; dalle foglie è possibile ricavare un colorante verde e nero dalla corteccia.
I frutti ben maturi, possono essere mangiati, ma in genere vengono usati per la confezione di marmellate e sciroppi.
I fiori freschi, fritti in pastella e poi passati nello zucchero, sono un ottimo dolce, ottimi anche nelle insalate, nelle frittate e nelle macedonie.
I fiori secchi possono essere usati per aromatizzare bevande alcoliche, amari, il vino bianco e l’aceto: l’odore si trasforma in lieve e piacevole aroma.
Le infiorescenze lasciate leggermente appassire, vengono aggiunte al mosto per aromatizzare e favorire la spumantizzazione; in Lombardia si usano per preparare un dolce caratteristico, la panigada o pan mèi.
La bevanda più famosa prodotta con le bacche di Sambuco è la “sambuca romana”, qualcuno produce anche il vino, pare sia ottimo.
Ma facciamo attenzione perché i frutti immaturi possono determinare fenomeni di intossicazione, per la presenza di glicosidi cianogenetici, con bruciore e senso di raschiamento alla gola, vomito e diarrea, mal di testa, difficoltà di respiro e crampi.
I frutti rappresentano un importante alimento per numerose specie di uccelli. Il legno è da sempre conosciuto, come materia prima per ammanicare badili ed altri attrezzi agricoli, mentre i giovani rami privati del midollo, hanno fornito a generazioni di bambini più poveri di quelli d’oggi, ma ricchi di fantasia, cerbottane e fischietti sonori .

La sua estrema rusticità lo fa apprezzare per qualsiasi intervento di ricostituzione vegetale di terreni spogli o degradati.

Di miti e leggende su questo albero ne troviamo in tutte le regioni d’Europa.

E’ una pianta dal duplice simbolismo, nella tradizione cristiana veniva usato nei riti funerari, come viatico per il viaggio verso l’aldilà, nella tradizione pagana invece, come protettrice della casa e del bestiame.
Al sambuco in passato si attribuivano poteri magici, contro i demoni e le streghe.
In Tirolo il Sambuco veniva detto “farmacia degli dei” e la tradizione contadina imponeva di inchinarsi 7 volte davanti alla pianta, tante quante i doni che si ricavano da esso.
Intorno alle fortezze, ai monasteri e ai masi di montagna si piantavano sambuchi ritenendo che proteggessero le case il bestiame e gli abitanti da serpi, mali e malie
In Sicilia si credeva che il bastone di Sambuco colpisse a morte le serpi e respingesse i ladri..
Si diceva inoltre, che i ferri dei cavalli strofinati con le sue foglie non arrugginissero.
Melle leggende germaniche il flauto magico era un ramoscello di sambuco svuotato del midollo, che si doveva tagliare in un luogo dove non si potesse sentire il canto del gallo che, lo avrebbe reso roco.
Sempre per quanto attiene alle credenze popolari, si pensava che con il suono di un flauto ricavato da un ramo di sambuco, ci si potesse proteggere dai sortilegi e dai malefici, così come nel “Flauto magico “ di Mozart.
Il Sambuco aveva anche proprietà divinatorie: se in estate i suoi fiori erano gialli, meglio ancora di color ruggine, annunciava un nuovo figlio: l’infiorescenza sottile indicava un anno di siccità, una robusta annunciava un buon raccolto.

Nel calendario arboreo dei Celti il Sambuco rappresenta il 13° mese lunare che si conclude nei giorni del solstizio invernale.

Il 13 è un numero che simboleggia il passaggio e la rigenerazione, che comporta anche la morte nel perenne ciclo di rinnovamento ( infatti è legato alla festa di Samhain 31 ottobre/ 1 novembre). Anche nella tradizione cristiana, anticamente, il Sambuco presiedeva ai riti dei morti: si poneva sul capo del defunto una corona di fiori e foglie, o bacche o rami, secondo la stagione, come viatico per l’Aldilà.

I popoli di lingua tedesca lo chiamano  “Holunder”, che significa “albero di Holda”. Holda era una fata del folklore germanico medioevale, raffigurata come una giovane donna benigna dai lunghi capelli d’oro: abitava nei sambuchi che si trovavano nei pressi delle acque di fiumi e laghi.
I contadini tedeschi rispettavano a tal punto il sambuco che, incontrandolo per i campi, si levavano il cappello. Non osavano sradicarlo e, se volevano tagliarne un ramo, si inginocchiavano davanti alla pianta con le mani giunte pregando: “Frau Holda, dammi un poco del tuo legno e io, quando crescerò, ti darò qualcosa di mio.”
Intorno alle fortezze e ai monasteri si piantavano sambuchi perché si diceva proteggessero case, orti, bestiame e abitanti da serpi, mali e malie, abitudine riscontrata anche in Bretagna, Russia e Danimarca, dove erano considerati protettori della famiglia.
In Svezia, le donne incinte li baciavano per avere una buona gravidanza.
Si diceva anche che i ferri di cavallo, strofinati con le sue foglie, non arrugginissero.
In Serbia e in Ucraina, se ne portava un bastone alle nozze come segno beneaugurante.
Si dice perfino che non si tratti di un alberello qualsiasi, ma addirittura di una strega nelle sembianze di una pianta.


Articolo posta da : Happy Owl Tracks

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